A Venezia con la parola conteria si indica una perlina tondeggiante di pasta vitrea di diversi colori e di varia fattura, usata per formare fragili ma eleganti collane e tipici fiori di Venezia o per il ricamo su tessuto.
Queste perline servivano anche per gli scambi commerciali al posto della moneta da ciò e dal verbo contare deriva il loro nome.
Si ricavano da canne di vetro, piene o forate, che un tempo venivano allungate a mano dal maestro vetraio e dai suoi aiutanti.
La canna forata si tagliava in piccole sezioni, che poi venivano smerigliate e lucidate.
La lavorazione cosiddetta a lume era quella usata per la canna
piena: si faceva colare, intorno ad una bacchetta rivestita di
materiale refrattario, della pasta di vetro scaldata alla fiamma di una
lucerna. Dal 1800 il becco a gas prese il posto della lucerna.
Gli operai addetti a questa operazione erano denominati “suppialume”.
Per i grani dei rosari si usava la lavorazione a “speo": si infilavano le conterie in uno strumento molto simile allo spiedo e poi si riscaldavano e si e forgiavano nelle forma richiesta.
Per realizzare le conterie oggi si usa la macchina, in questo modo si ottengono perle tutte perfettamente uguali che ricordano per forma e colore gli antichi pezzi ma non hanno però lo stesso fascino e pregio dati dalle piccole variazioni nella dimensione e nelle sfumature di colore tipiche della lavorazione a mano.
Dopo un periodo di declino che ha visto quasi scomparire a Venezia
le fabbriche di conterie, negli anni '80 la moda italiana ha riscoperto
le perline di vetro attraverso l'opera di stilisti quali Pucci,
Gianfranco Ferrè e Versace.
La tradizione di lavorazione delle perline sta ora lentamente rinascendo.
La lavorazione delle perle
Oggi esistono parecchi laboratori di perle a Venezia.
La materia prima delle perle è costituita dal vetro raccolto
in
canne o pive. Queste vengono successivamente scaldate e lavorate dal
maestro o dalle macchine infine le donne le assemblano in collane e
altri oggetti di bigiotteria.
Un tempo non c’erano macchine, le perlaie
eseguivano il
lavoro in casa o in piccoli laboratori artigianali, non godevano di un
buon trattamento economico né di garanzie sindacali. Era un
mestiere faticoso e mal retribuito come ci racconta una signora che
cominciò a lavorare a 10 anni.
Le lavoranti erano davanti ad un cannello da dove usciva del gas e
tenevano in mani le canne di vetro colorate. Lavoravano per 12 ore al
giorno ed anche di più.
Il calore del gas si faceva sentire sia sul viso che sul corpo, le mani
erano le più esposte perché una mano teneva la
canna e
con l’altra un filo di ferro.